Nel lontano 1997 iniziammo ad interessarci seriamente dell’Islanda ed ispirati dal celebre romanzo di Jules Verne, “Viaggio al centro della Terra”, incominciammo a raccogliere informazioni pratiche per affrontare un primo viaggio, che in termini esplorativi si chiama pre-spedizione. Se c’era qualche traccia di verità nelle pagine scritte da Verne più di un secolo prima, sarebbe stata un’avventura ancora tutta da verificare ed uno degli intenti che ci prefissammo, fu quello di localizzare i luoghi reali in cui il romanzo era stato ambientato.
Questo lavoro di documentazione durò un anno, fino alla partenza per il nostro primo viaggio nel 1998. Tra le località che avevano suscitato il nostro interesse vi era però una bizzarra protuberanza vulcanica incappucciata tra i ghiacci.
Uno sperone vulcanico ancora fumante che emergeva dalle propaggini settentrionali del ghiacciaio Vatnajokull, il più grande d’Europa per superficie.
Questo ghiacciaio custodiva segreti in grado di esercitare un attrazione magnetica per qualsiasi esploratore, appassionato di natura, di viaggi o comunque per qualsiasi individuo cui la vita aveva fatto il dono di lasciargli ancora una scintilla di curiosità.
Sotto di esso infatti giacevano, e giacciono tuttora, innumerevoli vulcani attivi che periodicamente con la loro attività, danno luogo alla formazione di eruzioni, canyon e bizzarre cavità geotermiche scavate nel ghiaccio.
Se Verne aveva ambientato l’inizio del suo viaggio al centro della terra sul ghiacciaio di Snaefell, che pure è un ghiacciaio al cui interno riposa un vulcano spento, un’occhiata al Vatnajokull era praticamente d’obbligo.
Tra la scarsa documentazione reperibile all’epoca, avemmo notizia di una grotta sub-orizzontale al cui interno scorreva un fiume caldo e che sbucava dal ghiacciaio dopo quasi cinque chilometri di percorso sotterraneo tra le viscere inviolate del Vatnajokull.
L’unica persona che sembrava averci messo piede per esplorarla a fondo era lo svizzero Gerard Favre, che negli anni ottanta aveva organizzato una spedizione cinematografica e realizzato un film in bianco e nero, Spele Ice, in cui si vedono gli esploratori addentrarsi in questa grotta muniti addirittura di respiratori per proteggersi dai letali vapori sulfurei che aleggiano all’interno.
Stop!
Un luogo carico di fascino come quello, non poteva non essere nei waypoint del nostro primo viaggio e lo sarebbe stato anche nei successivi cinque altri viaggi che avremmo fatto in seguito, nel corso degli anni successivi.
KVERKFJOLL
Kverkfjoll, il nome dato alla grotta.
Probabilmente la più lunga grotta geotermica che si conosca al mondo!
Incappucciato sullo sperone vulcanico chiamato Kverkfjoll, il margine settentrionale del Vatnajokull sembra piegarsi su se stesso dando forma ad un insenatura da cui scorre un fiume che attraverserà uno dei più impervi deserti vulcanici d’Islanda, Tugnafells e Kjolur.
Da questo luogo nasce il fiume ed il fiume non si sa ancora da dove nasca.
L’acqua che lo origina è acqua di fusione del ghiacciaio, ma quest’acqua si fonde dove il ghiacciaio accarezza la terra ancora calda.
L’acqua del fiume infatti è calda, tanto calda che in particolari momenti è possibile addirittura farci il bagno.
Un bagno caldo sotto i ghiacci!
I pochi che vi si sono addentrati dentro hanno potuto constatare che a monte, a quasi mille metri di dislivello sopra lo sperone del Kverkfjoll, dove le rocce emergono dal ghiaccio, sono presenti solfatare perennemente fumanti e diversi ingressi conducono dentro il ghiacciaio attraverso enormi cavità scavate a contatto tra il tartassato suolo geotermico e la coltre del Vatnajokull.
Questi ingressi poi, sprofondano letteralmente in verticale seguendo l’orografia del terreno, e si inoltrano verso il centro della terra, o del ghiacciaio come si preferisca immaginare.
La stessa acqua di fusione ha contemporaneamente dato origine ad un fiume e diversi affluenti tributari, che vede poi la luce nell’enorme caverna glaciovulcanica che oggi viene per convenzione chiamata Grotta di Kverkfjoll.
Il calore della terra ha scavato il ventre del ghiacciaio dando luogo a gallerie di proporzioni gigantesche, grandi a seconda dei periodi dell’anno come le nostre gallerie autostradali.
Lungo il corso del fiume sono presenti, ovviamente sempre a contatto del suolo, solfatare e sorgenti geotermiche (hot springs) che in certi punti rendono addirittura l’aria irrespirabile, se non addirittura mortale.
L’esplorazione di una grotta come questa, richiede cautele che rendono d’obbligo l’utilizzo di respiratori e rilevatori di anidridi solforose ed altri gas venefici la cui presenza spesso nemmeno si avverte se non quando si sono già persi i sensi e subentra poi la morte.
Oltre le coltri fumose, ci sono poi pericoli derivanti dai crolli della volta ghiacciata, per non parlare poi dei frequenti eventi sismici.
Queste sono le peculiarità del Kverkfjol quando lo si percorre lungo le sue vie interne.
Ma la sua bocca, l’ingresso mastodontico da cui esce il fiume, non è da meno.
Ogni anno il ghiacciaio scivola a valle ma anche si ritira e di conseguenza la cavità si accorcia.
Ogni anno nuovi crolli trasformano la fisionomia di questo ingresso che per dieci anni ci ha fatto sognare ed organizzare viaggi e percorrere chilometri di deserti glaciali, consumando copertoni e suole di scarpe.
Ma il premio di tanta fatica è lo straordinario paesaggio che si dipana quando si riesce ad entrare nella grotta.
Le pareti di ghiaccio vetrificate dal calore del fiume caldo e delle hot springs, hanno riflessi elettrici che vanno dal violetto al blu cobalto.
Il ventre caldo del ghiacciaio sembra un’autostrada di cristallo che conduce nelle viscere della terra ed oltre ogni ansa del fiume fumante, la sensazione di mistero si accresce tra febbrile curiosità e scrupolosissima prudenza.
Esplorare una grotta come questa non è facile, non è facile e probabilmente non può essere un evento cui si possa mettere la parola fine.
La terra in continua trasformazione continuerà a scavare vie sotterranee sotto quel ghiacciaio e sotto altri ancora.
La terra del fuoco e del ghiaccio, l’Islanda, ha probabilmente in questo luogo il suo cuore caldo.
Sei anni di esplorazioni non ci hanno ancora svelato il mistero di questo luogo e probabilmente lo custodiranno fino alla fine dei tempi.
Se s’interpreta percependolo come una cosa viva, come un respiro di Gaia, questo luogo continuerà a parlare agli uomini e alle donne che lo avvicineranno con la dovuta sensibilità però.
A volte questo posto ti rifiuterà impedendoti magari con una bufera od una piena di scattare addirittura una foto, altre volte invece ti inviterà a percorrere qualche metro o centinaia di metri al suo interno per portare poi fuori la notizia che la montagna di ghiaccio è ancora viva.